Mentre si definisce che cosa sia il Coaching, sarebbe opportuno accennare anche al Mentoring, un altro concetto che si è inserito nel linguaggio del business. Il termine deriva dalla mitologia greca, in cui si narra che Ulisse, al momento di partire per Troia, affidò la sua casa e l’educazione di suo figlio Telemaco al suo amico Mentore:
“Digli tutto ciò che sai”, raccomandò Ulisse, ponendo così involontariamente dei limiti al mentoring.
Mike Sprecklen, coach e mentore della famosa coppia di invincibili canottieri Andy Holmes e Steve Redgrave, ha dichiarato qualche anno fa, alla chiusura di un corso di performance coaching:
“Non sapevo più cosa fare, avevo insegnato loro tutto ciò che sapevo a livello di tecnica, ma questo ha aperto la possibilità di andare oltre, perché loro possono percepire delle cose che io non riesco nemmeno a vedere”
Aveva scoperto una nuova strada per andare oltre, lavorando sulle percezioni degli atleti e a partire dalle loro esperienze, invece che dalle sue. Il buon coaching – e anche il buon mentoring, per quanto mi riguarda – può, anzi deve spingere un individuo oltre ai limiti di ciò che il coach o il mentore conosce.
L’effetto del coaching non dipende dall’azione di “un individuo più vecchio e più esperto che trasmette ciò che sa”. Esso richiede infatti che il coach sia esperto nel coaching, ma non nel tema o nel campo in questione: questo è proprio uno dei suoi maggiori punti di forza!
“Il coaching si incentra sulle possibilità future, non sugli errori passati” dichiarava John Whitmore
Ma quindi cos’è esattamente il Coaching? È una buona domanda, alla quale non è facile rispondere in quanto non c’è una singola definizione comunemente accettata.
Ci sono molti approcci diversi e manca una standardizzazione. Nella mia definizione:
“il Coaching è un processo collaborativo in cui i clienti scoprono autonomamente le proprie risposte grazie all’uso mirato di domande”
Alcune persone potrebbero vederla come una definizione da “puristi” e in parte potrei essere d’accordo. Un simile approccio “non-pilotato” va bene in teoria, ma nella pratica spesso c’è più input da parte del Coach, a seconda delle preferenze e dei bisogni del cliente.
Tuttavia, quando il Coach tende a pilotare troppo la persona, non è più Coaching: superato un certo confine diventa Mentoring.
Come forse saprai, ci sono svariati tipi di Coaching diversi:
- Il più conosciuto è forse il LIFE COACHING, in cui le persone lavorano su problematiche che le bloccano nella vita o che causano loro preoccupazione.
- Il BUSINESS COACHING – conosciuto anche come Coaching Aziendale – è invece quello che dal nome ci si aspetterebbe: Coaching in ambito lavorativo, pagato dall’azienda.
- L’EXECUTIVE COACHING riguarda invece i vertici aziendali: quadri, amministratori delegati, direttori, ecc.
Ci sono inoltre altre nicchie come il Coaching per la carriera, quello per la gestione del tempo, per le relazioni e il Coaching per la sicurezza di sé, solo per elencarne alcune…
Se sei interessato a diventare un Coach, la buona notizia è che puoi farlo: non sono obbligatorie né qualifiche, né esperienza per “mettersi in proprio” o cominciare a fare Coaching all’interno di un’organizzazione. Quello che ti consiglio è frequentare una buona scuola di coaching, migliorare l’ascolto attivo e le tue doti empatiche e fare più esperienza possibile con le persone attorno a te.