I Multipotenziali e il Fallimento

La Multipotenzialità, come ben sappiamo noi multipotenziali, si accompagna spesso ad una forte sensazione di disagio. Disagio nel sentirsi diversi, esclusi, incompresi e destinati al fallimento. Cercando di conformarci alla massa, inconsapevolmente ci capita di lasciarci condizionare dal giudizio, spesso senza fondamento, delle altre persone.

Non quelle che tengono di più a noi e che parlano per il nostro bene, ma quelle che invece sembrano trarre piacere dal mortificarci, dal calpestare la nostra motivazione, spingendoci a restare ancorati al punto di partenza e a lasciar perdere tutte le nostre idee e i nostri tanti progetti. Sai bene a chi mi riferisco vero?

Chi sono i Mortificatori Seriali

Quelli che ogni cosa che fai fuori dall’ordinario, ogni idea, ogni progetto è sempre il solito:

“Tanto non ce la farai mai” Quelli che ci affossano, per invidia, per partito preso o perché riversare la loro frustrazione su di noi li fa stare bene. Quelli che non abbiamo nemmeno finito di parlare e sono già li pronti con il loro bel:

“Non funzionerà mai”

Mi riferisco proprio a loro – e credimi ne conosco tanti – i così detti “mortificatori seriali”, specializzati nel distruggere i nostri sogni.

Facci caso, ogni volta che proponi loro un’idea, un progetto o semplicemente il tuo entusiasmo nell’iniziare qualcosa di nuovo (e da multipotenziale come me so che questo ti capita spesso) sono sempre pronti a darti un consiglio, sempre lo stesso:

“Lascia perdere, tanto non ce la farai mai”

Ne conosci qualcuno anche tu, vero?

Possono essere lontani o vicini ed essere persino spinti dalle migliori intenzioni! E in questo caso, a cercare di frenare i nostri entusiasmi è proprio la loro paura di vederci fallire. E di vederci soffrire.

Ma ..

E se anche fosse?!

La paura intrinseca del Fallimento

Viviamo in una società che condanna il fallimento come qualcosa di assolutamente negativo che non dovrebbe mai essere sperimentato. Tanto che la nostra più grande paura nel lanciarci in qualcosa di nuovo è la vergogna di fallire, di portarci dietro lo smacco di un fallimento. E questo vale non solo nel campo imprenditoriale, ma per tanti altri aspetti della nostra vita.

La paura di fallire e di deludere noi stessi e chi ci sta vicino ci condiziona talmente tanto da renderci immobili, talmente autocritici verso le nostre idee e i nostri progetti che alla fine ci scoraggiamo da soli, o talmente perfezionisti che prima di partire con qualcosa di nuovo vogliamo che sia tutto perfetto, non ci sentiamo pronti e ci perdiamo in una seria infinita di valutazione che, alla fine, non ci fa muovere di un passo da dove eravamo prima!

Ti riconosci in questa descrizione? Sei in buona compagnia, io sono stata per anni terrorizzata dal fallimento e dal giudizio degli altri!

Eppure, non è sempre stato così.

Pensa ad un bambino che sta imparando a muovere i primi passi.

Quante volte lo vedrai cadere? INFINITE

E quante volte lo vedrai arrendersi? NESSUNA!

Anzi, dopo ogni caduta si rialza e ci riprova con più entusiasmo di prima!

E anche se ci dovrà provare centinaia di volte, lui continua a provarci.

Finché non ci riesce.

Lo sai che da piccolo sei caduto mediamente duemila volte prima di riuscire a camminare?? Eppure non hai mai rinunciato e adesso ne sei capace. Pensi davvero che un bambino così piccolo possa avere una forza di volontà maggiore della tua?

La risposta è NO

C’è solo una cosa che ti differenzia da quel bambino:

Lui non ha paura del fallimento.

Non la sente, non la prova, non la percepisce. Non conosce il fallimento. Non si vergogna certo di cadere centinaia di volte davanti a mamma e papà! E allo stesso modo, tu mai definiresti la caduta di un bambino che impara a camminare un “fallimento”

Se vuole imparare a camminare, dovrà prima cadere molte volte!

Ed è proprio questo atteggiamento positivo verso il fallimento che consente al bambino di continuare a provarci e riprovarci con lo stesso entusiasmo.

Il Fallimento è solo un Feedback

Credi davvero che un fallimento sia sempre e solo una condanna?

Io personalmente no, anche se non è stato sempre così semplice accettarlo.

Con il tempo e grazie ad un profondo lavoro su me stessa, considero il fallimento oggi un modo per imparare più rapidamente di quanto non succederebbe se non subissi mai battute d’arresto. Ed anche un modo per mettere alla prova la mia volontà e il mio carattere.

“Sperimentare il fallimento significa mettere alla prova il proprio desiderio e rendersi conto che può essere più forte di ogni avversità”

Insistere nel perseguire i tuoi sogni, anche a costo di ripetute sconfitte, significa che l’obiettivo è davvero importante, è davvero ciò che desideri a qualsiasi prezzo. Accettare il fallimento richiede grande umiltà, ma soprattutto significa entrare in contatto con i tuoi limiti per superarli ed essere consapevole che la vittoria richiede dedizione, perseveranza, coraggio, chiarezza di intenti e determinazione.

La storia di Soichiro

Era il 1938 e quando ancora andava a scuola, un ragazzo di nome Soichiro prese tutto ciò che possedeva e lo investì in un piccolissimo laboratorio dove iniziò a elaborare la sua idea di anello elastico. Il suo intento era di vendere la sua opera alla Toyota Corporation, perciò si mise a lavorare giorno e notte, con le braccia immerse nel grasso, dormendo in officina, con la convinzione che avrebbe raggiunto il risultato.

Per restare in affari impegnò perfino i gioielli della moglie! Quando finalmente riuscì a fabbricare i suoi anelli elastici li propose a Toyota, ma purtroppo non ottenne il risultato sperato: gli fu detto che i suoi anelli elastici non si adattavano agli standard dell’azienda. Dopo questa prima forte delusione Soichiro dovette quindi ritornare a scuola dove gli toccò sopportare le risate ironiche di insegnanti e compagni che lo presero in giro per il suo fallimento. Ma invece di soffermarsi su questo, Soichiro decise di continuare a concentrarsi sul suo obiettivo, lavorò ancora più sodo per migliorare il suoi anelli elastici e finalmente, dopo altri due anni, Toyota offrì a Soichiro il contratto che sognava! La sua passione e la sua costanza erano state premiate, ma i problemi non tardarono ad arrivare.

Il governo giapponese stava accelerando la produzione per la guerra e rifiutò di fornire a Soichiro il cemento armato necessario per la costruzione della fabbrica. Ma neppure questo riuscì ad abbatterlo. Decise di servirsi dell’esperienza acquisita e con la sua equipe inventò un nuovo sistema per produrre cemento armato. Così costruì il suo stabilimento.

Durante la guerra però la sua fabbrica venne bombardata per ben due volte e buona parte dei macchinari andò distrutta. Nemmeno questo riuscì a scoraggiarlo. Soichiro radunò tutti i lavoratori per raccogliere i bidoni di riserva che i bombardieri americani avevano gettato via. Soichiro li chiamava “i doni del presidente Truman” perchè gli fornivano le materie prime di cui necessitava per il processo di fabbricazione (materiali a quel tempo introvabili in Giappone). Alla fine, dopo aver superato tutte quelle difficoltà, arrivò un terremoto che gli rase al suolo lo stabilimento.

Soichiro decise a questo punto di vendere il brevetto del suo anello elastico alla Toyota e si ritirò per un anno, dedicandosi alla famiglia e alla distillazione di liquori.

Ma la sua forza di volontà lo spinse, ancora una volta, a voler fare di più.

Al termine della guerra il Giappone era completamente privo di carburante, le difficoltà di spostarsi per lunghi tragitti erano enormi e così, preso dalla disperazione, Soichiro applicò un motorino alla sua vecchia bicicletta. Subito dopo i vicini gli chiesero di fare anche per loro quelle “biciclette a motore” e la voce si sparse così rapidamente che Soichiro decise di costruire una piccola officina per fabbricare motori per la sua nuova invenzione, ma gli mancavano i fondi necessari.

Pensò a lungo a come risolvere questo ennesimo problema e decise di rivolgersi ai diciottomila proprietari di negozi di biciclette del Giappone scrivendo a ciascuno di loro una lettera personale in cui spiegò come potevano contribuire alla rinascita della nazione attraverso la mobilità. Ben cinquemila risposero alla sua richiesta fornendogli il capitale necessario.

Soichiro iniziò a produrre le sue motociclette.

Da un giorno all’altro la moto ottenne un successo così grande che gli valse persino una onorificenza da parte dell’imperatore.

Una bella storia, vero?

Forse non sai che Soichiro di cognome si chiamava HONDA.

E oggi Honda Corporation dà lavoro a centomila persone tra Stati Uniti e Giappone ed è considerata uno dei più grandi imperi motociclistici e automobilistici.

La storia di Soichiro Honda racchiude in sé coraggio e perseveranza e una grande forza di volontà.

E ci dimostra come tutti noi abbiamo il diritto di provare a realizzare i nostri sogni e raggiungere i nostri obbiettivi, anche quelli più grandi.

Ma per fare questo devi mettere in conto il fallimento e considerarlo un feedback, un’opportunità di crescita. Accetta la possibilità di fallire. Una volta, due volte, dieci volte. Ma continua a perseverare.

Così come devi mettere in conto le tante persone che ti diranno che non ce la farai, che tanto non funzionerà mai.

E se invece funziona?