Sei un manager e vorresti fare da coach ai tuoi subordinati?
Ti consiglio di andare avanti nella lettura di questo post!
Il compito di un manager è semplice: svolgere il lavoro e far crescere il proprio staff.
La pressione di tempo e denaro limita la seconda parte.
Il coaching è un processo il cui effetto contempla invece entrambe le cose.
Qual è il ruolo di un manager?
Troppo spesso i manager si ritrovano a “fare i pompieri”, tappando buchi e lottando contro il tempo per svolgere il loro lavoro. Essi stessi ammettono di non essere in grado di dedicare il tempo necessario alla pianificazione a lungo termine – prendere visione, sviluppare una panoramica, esaminare le alternative, la concorrenza, i nuovi prodotti e così via.
Ancor più importante, non riescono a dedicare il tempo necessario a far crescere il proprio staff: si illudono che un paio di corsi di formazione siano sufficienti, ma solo di rado vengono ripagati dei soldi spesi.
Allora, come possono i manager trovare il tempo per fare coaching al proprio staff?
Limitarsi a impartire istruzioni è molto più rapido.
La risposta paradossale è che se un manager fa coaching al proprio staff, i dipendenti “in crescita” riescono ad accollarsi maggiori responsabilità, liberando così il manager dalla necessità di tappare i buchi e lasciandogli il tempo, non solo per aumentare la quantità di coaching, ma anche per occuparsi di quelle questioni fondamentali che solo lui può risolvere!
L’attività di sviluppo delle persone rappresenta perciò un modo illuminato di fare i propri interessi, in opposizione a un idealismo che non fornisce alcun valore aggiunto. Di tanto in tanto sarà certamente necessario che tutti si rimbocchino le maniche in situazioni di emergenza, e senza troppi complimenti, ma questo è accettabile e accettato in una cultura aziendale in cui le persone si sentono seguite e valorizzate.
Nella maggior parte delle situazioni che nascono sul posto di lavoro, elementi come il tempo, la qualità e l’apprendimento entrano tutti in gioco e hanno tutti una certa importanza. La triste realtà è che nella maggioranza delle aziende il tempo ha la precedenza sulla qualità, e l’apprendimento è relegato a uno scarso terzo posto.
Non è perciò sorprendente che i manager fatichino ad abbandonare la pratica di dire ai dipendenti cosa fare e che la performance di certe attività risulti molto inferiore a quella che dovrebbe e potrebbe essere.
Quali dovrebbero essere le capacità e le abitudini di un ottimo Coach nel contesto lavorativo?
- Creare un contesto favorevole
Ecco le prime difficoltà, poiché molto spesso tendiamo a dare il nostro feedback in maniera improvvisa, senza avvertire. Il rischio è che la persona percepisca il nostro intervento come un “giudizio ” ingiustificato e inatteso, e che pertanto rifiuti quegli stessi consigli che, in altre circostanze, avrebbe accettato volentieri.
Un bravo Coach definisce chiaramente il contesto in cui si svolgeranno le sessioni di Coaching. Tuttavia, deve valutare bene la situazione, soprattutto se è il diretto superiore della persona che sta affiancando.
Ciò significa individuare le capacità e il grado di volontà della persona di portare a termine un determinato compito. Scegliere di comune accordo l’approccio più idoneo: dare direttive, guidare, stimolare o delegare. Ad ogni modo, è importante spiegare bene come intendete procedere.
– Quando darete il vostro feedback?
– Come saranno strutturate le sessioni di Coaching
– Che tipo di preparazione vi aspettate dalla persona?
Inoltre, dovrete assicurarvi di utilizzare il metodo più idoneo per comunicare le vostre impressioni, scegliendo tra:
– la scrittura (mettendo per iscritto i punti chiave),
– la parola (comunicando a voce le vostre impressioni)
– o l’azione (chiedendo di collaborare con voi)
- Accrescere la fiducia
In un Coaching efficace, la persona si fida del Coach. Tale fiducia deriva dall’ aver instaurato un rapporto basato sul reciproco scambio di idee; in caso contrario, dovrete guadagnarvela. Un modo efficace per riuscirci consiste nel rendere la persona partecipe dei vostri punti di forza e di debolezza, nonché delle esperienze vissute. Ad esempio, potreste dirle cosa pensano di voi i vostri superiori, oppure potreste raccontare un episodio significativo che avete vissuto.
- Motivare la persona
Siete in grado di capire cosa motiva i vostri colleghi a comportarsi in un determinato modo? Per motivare efficacemente una persona sono necessarie due cose. In primo luogo, dovete scoprire che cosa ama di più̀ del proprio lavoro: che cosa la spinge ad alzarsi ogni mattina per andare al lavoro? In secondo luogo, dovrete riuscire a trasmetterle una vision chiara e coinvolgente dei miglioramenti a cui può̀ aspirare
- Organizzare regolarmente delle sessioni di Coaching
Dopo aver definito e concordato il contesto, potrete iniziare con il Coaching vero e proprio. Chiaramente, avrete già stabilito la frequenza e la durata degli incontri. Nella pratica, è probabile che optiate per una combinazione delle seguenti tipologie di scambio:
Incontri più strutturati, in cui dedicherete dai venti ai sessanta minuti al metodo GROW. Se il vostro “impegno” si estende per un periodo di due o tre mesi, potete organizzare tre di questi incontri: il primo all’inizio della vostra collaborazione, il secondo dopo un mese e mezzo e il terzo al termine del progetto.
Pianificate anche chiacchierate di cinque o dieci minuti per fornire feedback tempestivamente, ovvero appena avete osservato il modo di agire della persona e interazioni di un minuto o poco più per elogiare il comportamento della persona…quando c ‘è qualcosa da elogiare, ovviamente.
La maggior parte delle persone non presta attenzione ai commenti positivi che riceve dai superiori.
Il motivo? Sanno che c’è sempre un “ma…” che preannuncia una serie di consigli su come migliorare il proprio rendimento.
Tuttavia, dimostrando di tanto in tanto il vostro sincero e disinteressato apprezzamento, vedrete che la persona presterà̀ maggiore attenzione ai vostri commenti e avrà più fiducia in voi.
Organizzate dimostrazioni attive di come migliorare le proprie capacità e portare a termine un determinato compito. Potete optare per una dimostrazione pratica, oppure potete offrire la vostra collaborazione.
Ad esempio, se il vostro obiettivo è quello di aiutare la persona a organizzare e condurre proficuamente una riunione, potreste invitarla a partecipare a una delle riunioni che avete organizzato voi stessi. Al termine della riunione, chiedetele quali sono le sue impressioni e se ritiene di aver imparato qualcosa di utile, oppure chiedetele cosa ne pensa della vostra performance.
In alternativa, potete collaborare a un progetto. Ad esempio, se la persona deve fare un’analisi approfondita dei dati emersi da una ricerca di mercato, potete aiutarla a comprenderli meglio, facendo emergere i punti di maggiore interesse. Ovviamente, quest’ultima opzione va considerata soltanto solo se siete “esperti” della materia in questione. Se non avete esperienza nel campo, potete suggerire alla persona di “prendere a modello” un collega più esperto.